IL FIGURINO DI SADAMU

LA PRIMA EDIZIONE DI NOVEGRO MODEL CONTEST SI È CONCLUSA DA POCO ED È STATA SICURAMENTE UN’OCCASIONE PER TENERE ACCESO L’INTERESSE DEI MODELLISTI NEI CONFRONTI DEI TEMI STORICI. PER CAPIRE QUANTO UN FIGURINO POSSA ESSERE UTILE PER APPROFONDIRE QUESTE TEMATICHE, VI RIPORTIAMO ALCUNI ESTRATTI DI UN FOCUS REALIZZATO DA VITTORIO DE CARLO, SOCIO DI AMIS (ASSOCIAZIONE MILANESE DI UNIFORMOLOGIA E DEL FIGURINO STORICO) SU UN MODELLINO DI UN PILOTA GIAPPONESE, RICONDUCIBILE AL PERSONAGGIO DI KOMACHI SADAMU.

Komachi Sadamu: l’analisi del figurino

Le battaglie del Pacifico sono state una fase decisiva della seconda guerra Mondiale e anche uno degli aspetti storiografici più approfonditi dagli studiosi. Visto che il modellista è, a suo modo, anche uno storico, i figurini possono essere di grande aiuto nella riscoperta del passato.

Vittorio De Carlo, dopo una doverosa premessa storica, ha analizzato le caratteristiche di un modellino di un pilota giapponese spiegando il perché esso potrebbe essere attribuito alla figura di Komachi Sadamu:


“Il figurino riproduce un pilota di portaerei del periodo 1941-1942 con l’equipaggiamento completo. Il soggetto indossa una tuta da volo invernale monopezzo impermeabile ma non ignifuga. La tuta è munita anche di collo di pelo di coniglio bianco. Il casco invernale era anch’esso imbottito. Sopra al giubbotto di salvataggio imbottito di kapok ( per un’ulteriore protezione contro le schegge di granata), il nostro indossa l’imbracatura del paracadute tipo 97 con una striscetta di stoffa recante recante il nome del pilota cucita sula cinghia destra. Sulle mani indossa dei guantoni di pelle di daino.
La miniatura potrebbe rappresentare, fra gli altri, Sadamu Komachi, la cui storia ha un che di romanzesco”.

La biografia del personaggio

Dopo la descrizione del Sadamu in miniatura, De Carlo è passato alla narrazione della vita di quello in carne e ossa, un ulteriore modo per evidenziare lo stretto rapporto tra modellismo e ricostruzione storiografica:

“Con una statura di più di un metro e ottanta, Sadamu Komachi era uno dei piloti più alti dell’aviazione navale giapponese, e le sue audaci imprese furono frequentemente citate nei giornali della sua regione, rendendolo famoso. Nacque nella Prefettura di Ishikawa nell’aprile del 1920, e si arruolò in marina quando compì 18 anni. Komachi cominciò la sua carriera di pilota da caccia dopo aver conseguito il brevetto alla scuola di volo nel giugno 1940, ottenendo come primo incarico di prestare servizio sulla portaerei Shokaku. Nel primo giorno delle ostilità effettuò una missione di copertura aerea sulla flotta d’attacco a Pearl Harbour. Durante la Battaglia del Mar dei Coralli nel maggio 1942, Komachi registrò le prime vittorie, abbattendo due Wildcat F4F (uno dei quali in coppia) e un bombardiere. Sempre un Wildcat fu a un passo dall’ucciderlo il 24 agosto, nel corso di uno scontro con gli F4F del VF-6 sopra Guadalcanal, durante la Battaglia delle Salomone Orientali. Avendo individuato la sua preda sotto di lui, Piloti da caccia Zero sulla portaerei della Marina Imperiale Giapponese Zuikaku si preparano per una missione da Buin, Bougainville, Isole Salomone il 7 aprile 1943. La missione era di attaccare aerei e naviglio alleati a Savo Sound tra Guadalcanal e Tulagi. Komachi si era gettato in picchiata a caccia della sua vittoria. Tuttavia, un secondo Wildcat, pilotato dal tenente Albert Vorse, gli si era portato in coda, aprendo il fuoco. Colto di sorpresa, il pilota giapponese era scampato a morte certa effettuando col suo
Zero un selvaggio e incontrollabile avvitamento per circa 1.800 metri. Talmente ingannato da quella manovra disperata, Vorse rivendicò la propria vittoria (la quinta di un probabile bottino di 11,5), permettendo così a Komachi di scampare al suo destino. Durante quel combattimento Komachi aveva consumato molto prezioso carburante, e sulla strada del ritorno rimase a secco, per cui fu costretto a compiere un ammaraggio. Il pilota si era ormai rassegnato a morte certa aggrappandosi a una tanica di benzina galleggiante, ma un cacciatorpediniere lo trasse in salvo nella notte individuandolo con i riflettori illuminanti”.

La tomba dei piloti da caccia

Le imprese di Sadamu, come specificato da De Carlo, non si fermano affatto qui e comprendono altre spericolate missioni:


“Rabaul (nota come la “tomba dei piloti da caccia”) fu il successivo incarico operativo di Komachi, che
volò per breve tempo con il 204° Gruppo aereo prima di trasferirsi al 253°, presso l’aeroporto di Tobera.
Mentre si trovava in quella guarnigione divenne uno specialista nell’uso delle bombe a scoppio
aereo (Ta-Dan) contro le formazioni di B-24. La notte fra il 18 e 19 febbraio 1944, Rabaul e le
zone circostanti vennero attaccate da cinque cacciatorpediniere americani (Farenholt, Buchanan,
Landsdowne, Lardner e Woodworth) del 12° Destroyer Squadron. Procedendo in linea di fila, le unità bombardarono numerosi obiettivi e lanciarono 15 siluri contro le navi ancorate nella baia di Keravia.
Le batterie costiere di Rabaul, concepite per sparare a corta distanza e prevenire eventuali tentativi
di sbarco, rimasero mute, e così il sergente Komachi, livido di rabbia per l’incapacità di rispondere al
fuoco, si offrì volontario per attaccare il nemico. Uno Zero solitario si levò in volo nella notte, armato con due bombe da 60 kg. Luci rossastre allargo della costa segnalavano la posizione del convoglio americano, mentre i bagliori dei cannoni dei vascelli potevano essere visti dalla riva come dalle alture circostanti.
Al largo di Kotopo, l’audace pilota cominciò a mitragliare a volo radente, senza che le navi rispondessero al fuoco. Fu soltanto quando Komachi sganciò le sue bombe (che mancarono il bersaglio) che le batterie contraeree dei cacciatorpediniere risposero rabbiosamente. Komachi effettuò ripetuti passaggi a bassa quota, e poi ritornò alla base dopo aver esaurito la sua scorta di munizioni. Ecco il suo rapporto: “Ho attaccato i cacciatorpediniere, investendo tre delle quattro unità con fuoco di piccolo e medio calibro. Li ho inseguiti fin fuori la baia”. In realtà le navi avevano subito ben pochi danni, poiché le fiamme che aveva scorto sui cacciatorpediniere erano state causate dai teloni protettivi dei cannoni che si erano incendiati. In pratica, nella fretta di rispondere al fuoco, gli artiglieri delle navi avevano semplicemente sparato attraverso i teloni! Quando il grosso del 253° Gruppo aereo fu ritirato a nord verso Truk il 19 febbraio 1944, Komachi lo seguì e continuò da quella base la sua lotta personale contro i B-24 usando le bombe a scoppio aereo. Fu allora che ricevette il raro onore di una menzione da parte dei suoi superiori per le sue qualità tecniche”.

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